
Sono pochi i giorni che oramai mancano all'apertura della 16° edizione del Middle East
Now Festival – inizio della rassegna 50 giorni di Cinema a Firenze – che avrà luogo il 7
ottobre per terminare il 12. Diverse sono le sedi tra le quali si articolerà il Festival tra cui il
Cinema La Compagnia, il Cinema Astra ed altri luoghi della città secondo un articolato
programma. Sebbene il Festival sia incentrato su proiezioni cinematografiche – sono
previsti 34 film – il programma non si esaurisce con essi ma si integra e completa con
numerosi e diversificati eventi dei più diversi ambiti ma con un unico comune
denominatore: il Medio Oriente con le sue contraddizioni e i suoi limiti, le speranze e le
sofferenze del quotidiano. Tra i diversi eventi si segnala un'esperienza culinaria diretta dallo
chef Sami Tamimi, palestinese di origini ed animatore di noti ristoranti nella capitale
britannica, che presenterà l'ultimo suo libro al Cinema La Compagnia sabato 11 ottobre,
proponendo il giorno dopo un workshop di cucina palestinese alla Scuola d'Arte Culinaria
Cordon Bleu. Emotivamente più coinvolgente l'opera teatrale The Horse of Jenin di Alaa
Shehada che sarà rappresentata domenica 12 ottobre al Cinema La Compagnia; il testo
rappresenta l'incontro/scontro tra la drammaticità di una storia vera – quella del cavallo alto
5 metri (simbolo di libertà) costruito da un artista tedesco con detriti e rifiuti di vario genere
e poi abbattuto dopo vent'anni dall'esercito israeliano – e l'immaginaria ingenua fantasia di
un bambino che, non più vedendolo, si domanda che fine possa aver fatto: imprigionato,
interrogato ...?
Ma i meriti del Festival sono anche altri, mirati a presentare ed approfondire temi assai
delicati e di grande impatto visivo ed emotivo. Come facilmente intuibile dalla stessa
denominazione data alla rassegna – Festival Medio Orientale – ogni tipologia di evento (che
siano film, libri, mostre fotografiche, esperienze teatrali, aspetti culinari e quant'altro) avrà,
come già accennato, un unico punto di riferimento: il Medio Oriente, con le sue genti, i suoi
problemi, le guerre passate o quelle in corso, la precarietà della vita, ma anche il quotidiano
con le gioie e i dolori, le passioni e le aspettative verso un futuro che, almeno attualmente,
ben poco di buono promette. È questo il tema centrale cui si deve prestare attenzione e sul
quale si vuol far riflettere, le cui attenzioni vengono veicolate dalla ricca ed intensa
manifestazione. Da queste premesse nasce l'intento di coloro che lo hanno promosso ed
organizzato i cui desideri si riassumono nelle parole degli stessi promotori e cioè ascoltare
"i registi e gli artisti che hanno molto da dire sulla loro vita, perchè hanno il dono di
riflettere profondamente sulla realtà e di vedere cose che noi non vediano (...).
Un'occasione per capire e scoprire di più sul Medio Oriente attraverso il cinema e l'arte". Il
tema focale di questa edizione – Radical Imagination – implica nella sua accezione più lata
una visione – appunto radicale – di un mondo che in un'ottica superficiale appare da noi
assai lontano ma che, in realtà, è più vicino al nostro vivere di quanto si possa credere. Non
si può, non si deve, ma soprattutto non si vuole essere estranei alle vicende che oramai da
tempo coinvolgono la Palestina ed altri paesi di questa parte del mondo che sono sotto gli
occhi di tutti noi ogni giorno: radio, televisione, articoli, manifestazioni, dibattiti, illustrano i
giorni complessi e difficili che stiamo vivendo quotidianamente. In questo il merito del
Festival: non una superficiale rassegna a tutto tondo di un vivere quotidiano che, nella
diversità, guardiamo con la curiosità di come si può osservare ciò che è lontano (ma
soprattutto diverso) dalla nostra realtà, ma un invito a riflettere – possibilmente in maniera
empatica – sulle grandi sciagure di popoli e terre che solo per pura casualità, destino o se
preferiamo fortuna non sono la nostra.



